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la questione dei fotografi parlamentari
Autore: Luca B Pagni
- Pubblicato il 14/12/11 - Categoria
Fotografia & Dintorni
Apprendiamo con stupore e disappunto che l'Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputatiannullerà la "delibera anti-zoom" per i circa 40 fotografi accreditati al Parlamento Italiano.
I fotografi parlamentari non dovranno più firmare il modulo in cui si impegnano a NON usare strumenti di ripresa senza i quali sarebbe impossibile immortalare così da vicino certi comportamenti di deputati o membri del Governo presenti in Aula, lesivi della privacy.
Essi si dovranno invece dotare di un proprio codice di autoregolamentazione e dovranno dare vita ad un'"associazione fotografi parlamentari" entro il 31 dicembre 2011 , pena il possibile mancato rinnovo dell'accredito stampa alla Camera. Ovvero del loro stesso lavoro!
Sarà dunque l'associazione dei fotografi parlamentari, e non il collegio dei questori, a comminare le eventuali sanzioni ed a regolare gli accessi al palazzo, come da mediazione raggiunta da Ordine dei giornalisti, Fnsi e Associazione stampa parlamentare in un incontro con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il suo portavoce Fabrizio Alfano, il segretario generale, Ugo Zampetti, ed il capo ufficio stampa di Montecitorio, Beppe Leone. (Cit. http://www.stampaparlamentare.it/comunicati/autoregolamentazione-fotografi-aula-30-novembre-2011).
A nostro parere, avallato anche da Franco Abruzzo, la voce critica dei giornalisti italiani,basterebbe apllicare il Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali emanato il 29 luglio 1998 denominato "Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica" ai sensi dell'art. 25 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. (pubblicato sulla G.U. n. 179 del 3/8/1998), il compromesso dell'autoaggregazione ed autoregolamentazione configurerebbe in realtà una vera e propria imposizione di auto-censura che ciela la volontà censoria della Presidenza della Camera dei Deputati.
Secondo FRANCO ABRUZZO, consigliere dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e dell’Associazione lombarda dei Giornalisti, "la Fnsi e l’Ordine dei giornalisti non devono accettare che i fotogiornalisti vengano trattati come cittadini di serie B in contrasto con il principio dell’uguaglianza (rispetto ai redattori della carta stampata, della radio, della tv e del web). Diciamo no ai compromessi entro il 31 dicembre 2011: in questo caso l’autoregolamentazione è sinonimo di autocensura".
cit. http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7941 del 14/12/2011
Abbiamo chiesto ed ottenuto un autorevole parere a Roberto Tomesani, Coordinatore Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual,che riportiamo copia/incolla come da Sua esplicita richiesta:
Carissimo Luca,
ti ringrazio per la pazienza e la disponibilita'.
Sono giorni molto frenetici, e non e' semplice stare dietro alle cose urgenti.
Volentieri ti trasmetto una breve considerazione scritta che riassume quello che ti accennavo telefonicamente e che riportavo anche in un'intervista radiofonica a Radio ManàManà del 24 novembre, che aveva contattato l'Associazione per avere un parere a caldo.
"Pragmaticamente, va innazitutto rilevato che l'attività di reportage fotografico all'interno delle aule parlamentari ha insita nella sua stessa natura la necessità di riportare curiosità e dettagli:
se non legati a questi elementi di bonario gossip, quali mai potrebbero essere le motivazioni che porterebbero dei professionisti a documentare fotograficamente i lavori in aula?
E quale mai potrebbe essere l'interesse, per il pubblico esterno, ad una documentazione che si limitasse a panoramiche di un'aula sempre uguale a se stessa?
Ovviamente, è necessario che tale attività di reportage venga in qualche modo regolamentata; in quei giorni, l'onorevole Fini aveva paragonato le aule del Parlamento ad una pubblica piazza, con questo volendo sostenere che, trattandosi del luogo in cui si discute della res-publica, della cosa pubblica, la "pubblicità" di quanto vi avviene deve essere garantita per definizione.
Tuttavia, l'onorevole Fini esagerava leggermente, con volontà di comunicare distensione, su tale aspetto. Le aule parlamentari non sono luoghi "pubblici": sono luoghi "aperti al pubblico", e cioe' nei quali un pubblico e' ammesso a patto che osservi e rispetti le norme dettate dal "padrone di casa", come avviene anche ad un concerto, in un teatro, nelle stazioni della metropolitana, o in tutti gli altri luoghi in cui l'accesso è regolamentato in qualche modo: invito, accredito, biglietto, eccetera.
Ora: è perfettamente comprensibile anche sul piano del buonsenso che possano essere poste delle regole da rispettare, all'interno delle Aule.
Ma, per onestà intellettuale:
a) E' abbastanza evidente il fatto che porre delle regole le quali, nella loro applicazione pratica, sfocino non già in una garanzia di sicurezza o di ordine, ma in una censura della comunicazione, sposta il problema dal piano tecnico a quello politico.
b) Ma, soprattutto, fa sorridere il tentativo di porre delle limitazioni agendo "di sponda", e cioè di fatto imponendo una "libera aggregazione" in forma associativa, per effetto della quale appaia - formalmente - che la regolamentazione operativa non venga imposta dal Parlamento, ma dai fotografi stessi. L'associazione dovrebbe espellere chi non si attenesse al codice di autoregolamentazione; l'accredito alle aule verrebbe dato solo a chi risultasse iscritto all'associazione appositamente istituita. Insomma, un modo molto bizantino, per ottenere l'effetto di controllare l'operato dei fotografi, ma indirettamente. Se questo modo di operare appare lineare ad un politico, infastidisce le persone abituate a lavorare operativamente e a chiamare le cose con il loro nome.
Domanda: le regole operative che si vogliono imporre sono regole che mirano a non far mettere in atto comportamenti contrari alla nostra legislazione?
Se si, si tratta di regole corrette, doverose e legate al buonsenso: devono essere fatte rispettare, il fotografo che le violasse dovrebbe essere punito, e non si vede perché tali norme non debbano essere poste apertamente dal Parlamento: non occorre un gioco di sponda multipla. Se sono lecite e fondate, le si impongano apertamente.
Se no - cioè se si tratta di regole censorie arbitrarie - non vanno poste, indipendentemente dal pupazzo da ventriloquo a cui si vorrebbero attribuire.
Roberto Tomesani - Coordinatore Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual"
I fotografi parlamentari non dovranno più firmare il modulo in cui si impegnano a NON usare strumenti di ripresa senza i quali sarebbe impossibile immortalare così da vicino certi comportamenti di deputati o membri del Governo presenti in Aula, lesivi della privacy.
Essi si dovranno invece dotare di un proprio codice di autoregolamentazione e dovranno dare vita ad un'"associazione fotografi parlamentari" entro il 31 dicembre 2011 , pena il possibile mancato rinnovo dell'accredito stampa alla Camera. Ovvero del loro stesso lavoro!
Sarà dunque l'associazione dei fotografi parlamentari, e non il collegio dei questori, a comminare le eventuali sanzioni ed a regolare gli accessi al palazzo, come da mediazione raggiunta da Ordine dei giornalisti, Fnsi e Associazione stampa parlamentare in un incontro con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il suo portavoce Fabrizio Alfano, il segretario generale, Ugo Zampetti, ed il capo ufficio stampa di Montecitorio, Beppe Leone. (Cit. http://www.stampaparlamentare.it/comunicati/autoregolamentazione-fotografi-aula-30-novembre-2011).
A nostro parere, avallato anche da Franco Abruzzo, la voce critica dei giornalisti italiani,basterebbe apllicare il Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali emanato il 29 luglio 1998 denominato "Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica" ai sensi dell'art. 25 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. (pubblicato sulla G.U. n. 179 del 3/8/1998), il compromesso dell'autoaggregazione ed autoregolamentazione configurerebbe in realtà una vera e propria imposizione di auto-censura che ciela la volontà censoria della Presidenza della Camera dei Deputati.
Secondo FRANCO ABRUZZO, consigliere dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e dell’Associazione lombarda dei Giornalisti, "la Fnsi e l’Ordine dei giornalisti non devono accettare che i fotogiornalisti vengano trattati come cittadini di serie B in contrasto con il principio dell’uguaglianza (rispetto ai redattori della carta stampata, della radio, della tv e del web). Diciamo no ai compromessi entro il 31 dicembre 2011: in questo caso l’autoregolamentazione è sinonimo di autocensura".
cit. http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7941 del 14/12/2011
Abbiamo chiesto ed ottenuto un autorevole parere a Roberto Tomesani, Coordinatore Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual,che riportiamo copia/incolla come da Sua esplicita richiesta:
Carissimo Luca,
ti ringrazio per la pazienza e la disponibilita'.
Sono giorni molto frenetici, e non e' semplice stare dietro alle cose urgenti.
Volentieri ti trasmetto una breve considerazione scritta che riassume quello che ti accennavo telefonicamente e che riportavo anche in un'intervista radiofonica a Radio ManàManà del 24 novembre, che aveva contattato l'Associazione per avere un parere a caldo.
"Pragmaticamente, va innazitutto rilevato che l'attività di reportage fotografico all'interno delle aule parlamentari ha insita nella sua stessa natura la necessità di riportare curiosità e dettagli:
se non legati a questi elementi di bonario gossip, quali mai potrebbero essere le motivazioni che porterebbero dei professionisti a documentare fotograficamente i lavori in aula?
E quale mai potrebbe essere l'interesse, per il pubblico esterno, ad una documentazione che si limitasse a panoramiche di un'aula sempre uguale a se stessa?
Ovviamente, è necessario che tale attività di reportage venga in qualche modo regolamentata; in quei giorni, l'onorevole Fini aveva paragonato le aule del Parlamento ad una pubblica piazza, con questo volendo sostenere che, trattandosi del luogo in cui si discute della res-publica, della cosa pubblica, la "pubblicità" di quanto vi avviene deve essere garantita per definizione.
Tuttavia, l'onorevole Fini esagerava leggermente, con volontà di comunicare distensione, su tale aspetto. Le aule parlamentari non sono luoghi "pubblici": sono luoghi "aperti al pubblico", e cioe' nei quali un pubblico e' ammesso a patto che osservi e rispetti le norme dettate dal "padrone di casa", come avviene anche ad un concerto, in un teatro, nelle stazioni della metropolitana, o in tutti gli altri luoghi in cui l'accesso è regolamentato in qualche modo: invito, accredito, biglietto, eccetera.
Ora: è perfettamente comprensibile anche sul piano del buonsenso che possano essere poste delle regole da rispettare, all'interno delle Aule.
Ma, per onestà intellettuale:
a) E' abbastanza evidente il fatto che porre delle regole le quali, nella loro applicazione pratica, sfocino non già in una garanzia di sicurezza o di ordine, ma in una censura della comunicazione, sposta il problema dal piano tecnico a quello politico.
b) Ma, soprattutto, fa sorridere il tentativo di porre delle limitazioni agendo "di sponda", e cioè di fatto imponendo una "libera aggregazione" in forma associativa, per effetto della quale appaia - formalmente - che la regolamentazione operativa non venga imposta dal Parlamento, ma dai fotografi stessi. L'associazione dovrebbe espellere chi non si attenesse al codice di autoregolamentazione; l'accredito alle aule verrebbe dato solo a chi risultasse iscritto all'associazione appositamente istituita. Insomma, un modo molto bizantino, per ottenere l'effetto di controllare l'operato dei fotografi, ma indirettamente. Se questo modo di operare appare lineare ad un politico, infastidisce le persone abituate a lavorare operativamente e a chiamare le cose con il loro nome.
Domanda: le regole operative che si vogliono imporre sono regole che mirano a non far mettere in atto comportamenti contrari alla nostra legislazione?
Se si, si tratta di regole corrette, doverose e legate al buonsenso: devono essere fatte rispettare, il fotografo che le violasse dovrebbe essere punito, e non si vede perché tali norme non debbano essere poste apertamente dal Parlamento: non occorre un gioco di sponda multipla. Se sono lecite e fondate, le si impongano apertamente.
Se no - cioè se si tratta di regole censorie arbitrarie - non vanno poste, indipendentemente dal pupazzo da ventriloquo a cui si vorrebbero attribuire.
Roberto Tomesani - Coordinatore Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual"
1 pagina: 1
Caro Luca ho seguito i tuoi articoli e commenti e ho risposto con una lettera messa sul nostro sito www.fotogiornalisti.com e nel blog di Smargiassi.
Mi trovo in accordo con te su alcuni punti ma in disaccordo sul fatto che la figura del fotografo parlamentare non deve esistere.
Non comprendo perchè allora non ritieni sia superflua la figura del giornalista parlamentare,
e della associazione ASP Stampa Parlamentare di cui la quasi formata ASPA è analoga e similare.
Attraverso la ASP i nostri colleghi giornalisti sono tutelati nello svolgere il loro lavoro all'interno della Camera
(posto si pubblico come tu affermi, ma ti ricordo, come anche confermato dal Garante della Privacy,
autonomo nel poter decidere le modalità e gli strumenti per realizzare le riprese fotografiche).
La ASPA tutelerà i fotografi nel muoversi autonomamente nelle tribune stampa della Camera
e di usare qualsivoglia fotocamera o obbiettivo e soprattutto di valutare e decidere eventuali sanzioni in caso insorgessero dei problemi,
un incarico questo che fino ad oggi spettava ai questori.
Per quanto riguarda la pubblicabilità delle foto e la valutazione dell'importanza e necessità di divulgazione delle stesse
è vero che in Italia si fa riferimento al codice deontologico dell'OdG,
ma è anche vero che non tutti i fotoreporter fanno parte dell'Ordine e ti assicuro non per loro scelta.
Da qui la necessità di un regolamento che ti ripeto non limita,
a mio avviso e di quello dell'OdG e di direttori di agenzie stampa quali l'ansa ad esempio,
più di ciò che gia fa la legge sulle comunicazioni personali della privacy.
L'Aspa è una opportunità per i fotoreporter professionisti di lavorare in autonomia,
e in futuro qualsiasi tentativo di violare la libertà di stampa o il diritto di cronaca,
verrà da noi denunciato e combattuto, ma per la prima volta affiancati da OdG Asp e Fnsi.
Saluti,
Elisabetta Villa
Cit. http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2011/11/24/reato-di-teleobbiettivo/