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Una fotografia non è una mela
Autore: Fulvio Bortolozzo
- Pubblicato il 22/10/14 - Categoria
Riflessioni
Ultimamente sulla rete, leggo post e commenti vari che in sintesi girano
intorno al rapporto tra le parole e le fotografie. Mi pare di vedere
una tendenza maggioritaria a considerare questo rapporto in funzione
delle parole. Un'immagine vale mille parole, si diceva un tempo. Poi
qualcuno chiosò: "Purché vengano dette". Ora, purtroppo, le dicono per
davvero e ne dicono anche molte molte di più. Troppe. In passato su
questo blog ho già scritto della questione, e altre volte ancora mi sa
che ne scriverò. Se si prende una fotografia, se si guarda una
fotografia è perché aggiunge qualcosa di indicibile. Non scivoliamo via
in fretta da questa parola: "indicibile". Esiste qualcosa nella nostra
vita che sia indicibile? Io sono convinto di sì. Penso, sento e molte
cose mi accadono e mi attraversano senza riuscire a diventare parole,
frasi, pensieri razionali. Una fotografia, in qualche caso fortunato,
può contenere tracce di questo "indicibile", perché non si può dire, ma
si manifesta, a volte, in modo visibile, esperibile direttamente. Certo,
nel passaggio dal fenomenico al fotografico molto si perde per strada,
ma qualcosa resta, persino senza la consapevolezza di chi ha premuto
quel pulsante di scatto. Per questo una fotografia ha bisogno di
silenzio, di tempo, di non diventare subito cibo per le parole,
occasione per esercizi eruditi, momento di comunicazione urgente. Se si
ha tutta questa fame di parole, usiamo una mela: si può mordere, si può
fare a fette, si può mettere in una torta e mentre ce la mangiamo,
parliamoci pure sopra di quello che ci pare, come troppo spesso si fa
invece davanti ad una fotografia.