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Fotografia: verità o illusione? Intervistando il fotografo Nino Migliori.
Autore: Valentina Cusano
- Pubblicato il 24/06/09 - Categoria
Cultura Fotografica
Intervista tratta dal saggio FOTOGRAFIA E ARTE di Valentina Cusano Edizioni Clueb Bologna 2006
V.C.Fotografia e arte…
N.M.“Porre la fotografia accanto all’arte è, a parer mio, una dicotomia, sarebbe come differenziare “letteratura e poesia“.E’ corretto che esistano studi specialistici, ma quando si fa storia della letteratura tutti i tasselli devono ricomporsi per formare un unico mosaico. Anche l’arte nel suo insieme dovrebbe comprendere tutte le forme espressive, inclusa naturalmente la fotografia. Il mezzo di estensione non ha mai costituito un limite, per esempio il dipingere su tavola, su muro o su tela significa utilizzare strumenti diversi che certamente comportano problematiche e soluzioni differenti tra loro, ma Mantegna e’ comunque considerato un pittore sia quando dipinge la Morte della Vergine, la Camera degli Sposi o il Cristo Morto. L’arte è contemporaneamente tecnica, mestiere, tradizione, invenzione, creatività e innovazione. Quindi il rapporto tra fotografia e arte non è propriamente identificato nel confronto diretto tra le due, ma piuttosto nell’utilizzo che si fa della fotografia nell’arte. Questo è il concetto. Quindi penso sarebbe bene mettere da parte anche lo pseudo dilemma tra fotografo-artista o artista-fotografo. La fotografia è una forma espressiva che si può definire ambigua e “bugiarda”.E proprio questa caratteristica ha contribuito a far sì che sin dalle origini venisse usata giocando sulle sue contraddizioni.”
V.C.Prima parlando della fotografia l’ha definita ‘bugiarda’. La fotografia è verità o illusione? Molte persone vedono nella fotografia il miglior mezzo di registrazione della realtà ed il miglior modo per dire la ‘verità’.
N.M.“La fotografia è una bugia. Rappresenta un concetto, un’idea, un’interpretazione di chi usa la macchina fotografica. La realtà assoluta non esiste; esistono tante realtà quanti sono gli sguardi, e quindi un numero infinito.
Quando hai un soggetto davanti a te, scegli di fotografarlo da un lato piuttosto che dall’altro operando una scelta appunto ‘tua’. ‘Il soggetto era quello ed io l’ho soltanto fotografato ’. E’ una ingenuità: dovrebbe essere ormai convinzione di tutti che la fotografia non è in grado di ridare la verità o l’obiettività, di registrare la realtà, o meglio le possibili realtà, da un punto di vista neutro. È così da sempre, da quando è nata. Oggi come ieri. Sappiamo bene che quando si fa una fotografia dalla prima operazione che si compie, cioè dalla scelta dell’obbiettivo, della pellicola, dell’inquadratura, dei tempi e proseguendo del taglio, dell’ingrandimento, della carta, del tipo di stampa, passando quindi per numerose alternative possibili, ciò che viene restituito è frutto di assoluta soggettività, è una ‘messa in scena’ che risente ed è influenzata da tanti codici, non ultimo quello pittorico. Questo fa sì che sia il fotografo a modificare la realtà ripresa secondo il proprio punto di vista e quella stessa realtà diventa la ‘sua’ realtà.”
Tempo fa mi trovavo su un terrazzo che si affaccia su piazza Maggiore a Bologna in una situazione alquanto particolare. Alla mia sinistra, sul sagrato di San Petronio, il Vescovo si apprestava ad impartire la benedizione in occasione delle celebrazioni per la Madonna di San Luca; a un centinaio di metri sulla destra la protesta di un gruppo di giovani allontanati dalla polizia a colpi di sfollagente; al centro fra queste due situazioni gli spazzini che pulivano la piazza. Io scattai un’unica foto panoramica con una Widelux. La si sarebbe potuta suddividere in tre parti distinte: erano tre concetti diversi che si esprimevano nello stesso tempo e nello stesso posto. Unità di spazio, di luogo e di tempo, ma proprio nell’unità l’interpretazione è soggettiva e spetta solo al fotografo che opera la scelta del taglio.” FINE PRIMA PARTE...
V.C.Fotografia e arte…
N.M.“Porre la fotografia accanto all’arte è, a parer mio, una dicotomia, sarebbe come differenziare “letteratura e poesia“.E’ corretto che esistano studi specialistici, ma quando si fa storia della letteratura tutti i tasselli devono ricomporsi per formare un unico mosaico. Anche l’arte nel suo insieme dovrebbe comprendere tutte le forme espressive, inclusa naturalmente la fotografia. Il mezzo di estensione non ha mai costituito un limite, per esempio il dipingere su tavola, su muro o su tela significa utilizzare strumenti diversi che certamente comportano problematiche e soluzioni differenti tra loro, ma Mantegna e’ comunque considerato un pittore sia quando dipinge la Morte della Vergine, la Camera degli Sposi o il Cristo Morto. L’arte è contemporaneamente tecnica, mestiere, tradizione, invenzione, creatività e innovazione. Quindi il rapporto tra fotografia e arte non è propriamente identificato nel confronto diretto tra le due, ma piuttosto nell’utilizzo che si fa della fotografia nell’arte. Questo è il concetto. Quindi penso sarebbe bene mettere da parte anche lo pseudo dilemma tra fotografo-artista o artista-fotografo. La fotografia è una forma espressiva che si può definire ambigua e “bugiarda”.E proprio questa caratteristica ha contribuito a far sì che sin dalle origini venisse usata giocando sulle sue contraddizioni.”
V.C.Prima parlando della fotografia l’ha definita ‘bugiarda’. La fotografia è verità o illusione? Molte persone vedono nella fotografia il miglior mezzo di registrazione della realtà ed il miglior modo per dire la ‘verità’.
N.M.“La fotografia è una bugia. Rappresenta un concetto, un’idea, un’interpretazione di chi usa la macchina fotografica. La realtà assoluta non esiste; esistono tante realtà quanti sono gli sguardi, e quindi un numero infinito.
Quando hai un soggetto davanti a te, scegli di fotografarlo da un lato piuttosto che dall’altro operando una scelta appunto ‘tua’. ‘Il soggetto era quello ed io l’ho soltanto fotografato ’. E’ una ingenuità: dovrebbe essere ormai convinzione di tutti che la fotografia non è in grado di ridare la verità o l’obiettività, di registrare la realtà, o meglio le possibili realtà, da un punto di vista neutro. È così da sempre, da quando è nata. Oggi come ieri. Sappiamo bene che quando si fa una fotografia dalla prima operazione che si compie, cioè dalla scelta dell’obbiettivo, della pellicola, dell’inquadratura, dei tempi e proseguendo del taglio, dell’ingrandimento, della carta, del tipo di stampa, passando quindi per numerose alternative possibili, ciò che viene restituito è frutto di assoluta soggettività, è una ‘messa in scena’ che risente ed è influenzata da tanti codici, non ultimo quello pittorico. Questo fa sì che sia il fotografo a modificare la realtà ripresa secondo il proprio punto di vista e quella stessa realtà diventa la ‘sua’ realtà.”
Tempo fa mi trovavo su un terrazzo che si affaccia su piazza Maggiore a Bologna in una situazione alquanto particolare. Alla mia sinistra, sul sagrato di San Petronio, il Vescovo si apprestava ad impartire la benedizione in occasione delle celebrazioni per la Madonna di San Luca; a un centinaio di metri sulla destra la protesta di un gruppo di giovani allontanati dalla polizia a colpi di sfollagente; al centro fra queste due situazioni gli spazzini che pulivano la piazza. Io scattai un’unica foto panoramica con una Widelux. La si sarebbe potuta suddividere in tre parti distinte: erano tre concetti diversi che si esprimevano nello stesso tempo e nello stesso posto. Unità di spazio, di luogo e di tempo, ma proprio nell’unità l’interpretazione è soggettiva e spetta solo al fotografo che opera la scelta del taglio.” FINE PRIMA PARTE...