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ANSIA DA DIGITALE
Autore: gabriele donati
- Pubblicato il 14/01/11 - Categoria
Riflessioni
Ormai è più di un anno che Kodak ha annunciato la fine della produzione di una delle pellicole storiche quali KodaChrome; a fine 2010 anche l'ultimo laboratorio ha smesso di svilupparla, con buona pace dei nostalgici utilizzatori di questo prodotto. Nel contempo l'azienda giustifica questa interruzione come estrema ratio per un prodotto dai costi elevati e dal consumo troppo basso per essere prodotto in continuità.
Il mercato del lavoro, fotograficamente parlando, ha subito una metamorfosi profonda, mutando i requisiti tecnici e nozionistici per poter fare il fotografo. Parole come "polaroid", "processo di sviluppo", "tiraggio della pellicola", "sbianca" hanno perso la loro consuetudine sostituite da parole come "risoluzione" e "fotoritocco". Il quasi completo abbandono della pellicola trova giustificazione nella necessità di tempi certi e brevi per quanto riguarda la filiera produttiva dell'immagine. Il digitale dovrebbe essere la panacea di tutti i mali."CCD...per l'uomo che non deve chiedere...mai!" potrebbe suonare così una ipotetica pubblicità a favore del digitale. Discutiamone.
In effetti, la possibilità di poter controllare la filiera della produzione di una immagine è un aspetto fondamentale. Ormai il patema che precedeva la consegna delle pellicole sviluppate dal laboratorio è solo un ricordo. L' "avrò fatto tutto giusto?" che ci attanagliava prima della restituzione del materiale, è rimasto solo una reminescenza freudiana destinata a perdersi nel lettino di qualche nostalgico dei tempi andati. Oggi si scatta, si guarda e si approva, nella sensazione machista di avere tutto sotto controllo. Manca un pezzo dell'oggetto che stiamo fotografando o la modella ha un brufolo a pizzaquattrostagioni proprio sul naso? Echissenéfrega. Tanto sistemo tutto dopo in photoshop.
Sbaglio malamente l'espozione e un notturno sembra una foto del Sahara a mezzogiorno? Tanto ho scattato in raw, posso recuperare in sviluppo.
Insomma il paradiso, soprattutto per chi come me ha fatto l'assistente e quindi il capro espiatorio per ogni errore sulla pellicola. Quante volte il rullo di 120 ci si srotolava nel posizionarlo in macchina? "Yoyò senza ritorno" si diceva allora. Magari capitava pure che si srotolasse appena esposto, ed erano parole di fuoco.
Oggi l'unica difficoltà stà nel inserire la scheda nel verso giusto (nonstante tutto qualcuno ancora sbaglia, stupendosi poi che la scheda è vuota e i dentini dell'alloggiamento sono tutti piegati). Sembrerebbe il paradiso. Sembrerebbe.
Vogliamo parlare di tempi di lavorazione? In pellicola si consegnava la pellicola fresca di laboratorio e amen.
In digitale, dopo la lunga selezione degli scatti (visto che sono in digitale, fanne qualcuno di più), c'è da svilupparli calibrandoli uno per uno. Ma già che ci sei, non vuoi dare una ritoccatina, visto che sono in digitale? Ma già che "non ti costa niente tanto lo fai col computer" non puoi togliere quella manica del vestito che nella produzione hanno sbagliato? Ma già che ci sei, non puoi farmi trentadue cd, che così li hanno tutti gli interessati?
Alla fine, quando presenti fattura, ovviamente ti rispondo "così tanto per delle foto in digitale?" Ovviamente tutto questo nel caso specifico che io sia un fotografo (non necessariamente bravo) e un bravo ritoccatore. Diciamocelo pure, con il digitale, i tempi di lavorazione sono aumentati, con una forte diminuzione, in rapporto al tempo utilizzato, dei guadagni.
Senza considerare l'aumentata concorrenza di chi considera il possedere una reflex digitale, sinonimo di professionalità fotografica. Gli unici discorsi di questi nuovi entrati comprendono quasi esclusivamente la parola "risoluzione", quasi come se avercela più alta fosse una reminescenza adolescenziale, quando ci si misurava il pisello con il righello per vedere chi l'avesse più lungo. Ovviamente i concetti di qualità del pixel, rumore, bilanciamento ed esposizione corretta sono solo vaghezze da blog per fotoamatori.
Onestamente non vedo tutti questi vantaggi che ci prospettavano con l'ingresso del digitale: il tempo maggiore dello sviluppo chimico e l'incertezza del risultato, hanno lasciato posto a una filiera allungata e maggiormente complessa. Inoltre la leggerezza della parola "digitale" lascia spesso spazio a incompetenze, accettate anche dalle aziende e dalle agenzie a scapito di una bassa qualità per un basso prezzo. Siamo sicuri che sia una buona prospettiva per i fotografi?