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La libreria - Lo scaffale di Marzo 2011 |
Una storia in ogni immagine
“Ho sempre pensato alla fotografia come a uno strumento per testimoniare, per raccontare storie, per investigare. In alcuni casi, per puntare il dito su situazioni particolari. Ed è questo che mi interessa del mio mestiere: rappresenta, per me, la pietra angolare della fotografia”. Sono parole che si incontrano in apertura della lunga intervista con l'autore nelle pagine finali del volume pubblicato in occasione dell'importante retrospettiva dedicata all'opera del fotografo italiano di reportage Paolo Pellegrin. Il libro presenta una selezione di oltre duecento immagini realizzate dal 1998 a oggi in diverse zone del mondo sconvolte da guerre o in situazioni di crisi. Per la maggior parte si tratta di immagini in bianco e nero, tranne alcune a colori presentate all'interno dei reportage da Gaza del 2005, dall'Iran del 2009 e l'intera selezione del reportage sulle conseguenze dell'uragano Katrina realizzato nel 2005. Le immagini di Pellegrin sono sempre notevoli e coinvolgenti. Noi qui vogliamo sottolineare soprattutto la ottima realizzazione del volume. Dal punto di vista grafico è stato scelto un impaginato estremamente sobrio. Una pagina interamente nera con l'indicazione di luogo e anno in cui il reportage è stato realizzato apre ogni selezione di immagini. Poiché si tratta di immagini di grande impatto, la scelta di un impaginato essenziale e regolare è più che mai indovinata, in quanto dinamismo, forza comunicativa e movimento sono già nelle singole fotografie e la sobrietà della impaginazione permette al lettore di apprezzare al meglio ogni immagine. Le didascalie sono riportate in fondo al libro, dopo le otto pagine di testo nelle quali è pubblicata l'intervista con il fotografo. Sicuramente il modo migliore per presentare in volume questa interessante retrospettiva.
Nelle prime pagine del volume un'immagine presenta il fotografo Edward Burtinsky all'opera con un apparecchio a banco ottico montato sul cavalletto piantato su un terreno scosceso in mezzo a montagne di pneumatici di una grande discarica in qualche parte del mondo. Burtinsky, uno dei più apprezzati fotografi canadesi contemporanei, lavora infatti per raccontare attraverso immagini di grande formato realizzate con estrema cura – tutto il contrario delle “istantanee” o delle immagini colte al volo – i panorami o gli scenari dove l'opera dell'uomo ha portato cambiamenti su larga scala all'ambiente naturale. Ecco allora le grandi cave di pietra in Spagna o in Italia, i giacimenti di petrolio in Azerbaijan o nel deserto californiano, le miniere di rame a cielo aperto nello Utah, i cantieri dove vengono rottamate grandi navi cargo lungo le coste del Bangladesh, i lavori per la realizzazione di una diga lungo lo Yangtze in Cina, fino a vere e proprie situazioni di crisi ecologica come avviene per le immagini dedicate ai fiumi rossi a causa degli inquinamenti di nickel nell'Ontario (1996) o a quelle recentissime realizzate nel Golfo del Messico inondato dal petrolio fuoriuscito dalla piattaforma Deepwater Horizon. Ciò che colpisce in queste immagini è la scelta del fotografo di rappresentare queste situazioni con grande cura nella composizione e nella realizzazione dell'immagine. Ogni fotografia infatti attrae per la bellezza del punto di vista da cui è ripresa, per la grande qualità compositiva, per le luci e i colori, per la resa iperrealistica degli estesi paesaggi. Solo gradualmente si vede emergere anche l'aspetto problematico delle situazioni ecologiche e ambientali rappresentate. Un messaggio, quindi, che preferisce attraverso la fotografia mettere l'osservatore davanti alla complessità dei fattori che governano il rapporto dell'uomo con l'ambiente, optando per una raffigurazione che sottolinei la complessità dei problemi piuttosto che una sbrigativa denuncia. Posizione che viene ribadita anche nella interessante intervista realizzata all'autore da Enrica Viganò, curatrice del volume, il primo pubblicato in italiano dedicato all'opera di questo interessante fotografo.