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Zoltan Nagy: 'Per vederti meglio Torino!'
Autore: Galleria FIAF - Pubblicato il 03/05/11 - Categoria Mostre
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"Per vederti meglio Torino! : otto anni di passeggiate in città"

fotografie di Zoltan Nagy

GALLERIA FIAF - via P. Santarosa 7/A - Torino

13 maggio - 10 giugno 2011 - Inaugurazione Venerdì 13 maggio ore 21.


Lasciata l’Ungheria nel ’66 e la  Germania nel ’74 ho vissuto a Roma per ventisette anni sentendomi accolto da quella grande città con il calore che la capitale sa riservare a tutti, ma anche con la grande indifferenza di una madre mediterranea sensuale e un po’ menefreghista con tantissimi figli a cui badare.

Trasferendomi nel 2002 a Torino, in particolare due elementi di questa città mi hanno attratto, incuriosito e fatto sentire in un certo senso a casa: il primo è la somiglianza con Budapest, mia città natale, nella sua conformazione topografica (un fiume che la divide, una parte in collina, l’altra in pianura), la presenza importante del liberty come stile architettonico, la cultura dei bei caffé come punti d’incontro e la sua atmosfera che può ricordare la Mitteleuropa.

Il secondo è la sua apparente freddezza, la sua riluttanza ad aprirsi al nuovo arrivato, la sua riservatezza, il suo atteggiamento di cordiale understatement, la cortesia dei suoi abitanti – tutto ciò mi ha portato ad avvicinarmi il più profondamente possibile alla sua complessa e affascinante personalità con il mezzo che prediligo:la macchina fotografica. Amo la fotografia di strada. Immagino la città come un immenso palcoscenico, di cui anche l’architettura è protagonista e gli edifici costituiscono una sorta di scenografia, e dove  continuamente sento la presenza della Storia con la esse maiuscola. Ho cominciato le mie passeggiate con la macchina fotografica al polso, come dice HCB,  nei vari quartieri, senza seguire particolari itinerari o determinate suggestioni. A volte sono tornato a casa con immagini soddisfacenti, spesso senza risultati. Poco alla volta ho scoperto diverse zone di Torino tra il centro e le periferie, quartieri di nomi strani come Aurora, Parella, Campidoglio, Falchera.

Per evitare il fascino del vuoto, che a Torino è particolarmente accentuato a causa dei tanti corsi dritti ed interminabili, che finiscono oltre l’orizzonte, tutti uguali, con le stesse forme architettoniche, mi sono concentrato sugli attori del palcoscenico - Torino, sui suoi abitanti. Ho incontrato gente così varia e colorata come si conviene alla società multietnica che nella città risiede. Ho fotografato la vita quotidiana fatta di feste, di manifestazioni, di piccoli grandi eventi così, liberamente, senza presunzione di completezza. Ho fissato momenti di spettacoli spontanei nelle strade e nelle piazze, la coreografia improvvisata dei movimenti dei cittadini-attori, l’espressione dei volti, la plasticità compiuta e casuale dei gruppi, l’onnipresenza così umana dei cani. Forse gli abitanti di ogni città si muovono secondo una propria e diversa coreografia; con movimenti più larghi o più composti, più lenti o più veloci, con più o meno grazia e armonia.

 Il fotografo inglese Davide Hurn, nel presentare un suo libro di reportage sull’Inghilterra, ha scritto che l’inglese è il popolo più facile da fotografare al mondo: se un inglese si rende conto che viene inquadrato nel mirino non si sente aggredito o disturbato, non si mette in posa, non si sente protagonista, non vuole apparire diverso  da quello che è e continua indisturbato la propria attività, come se il fotografo non ci fosse. Posso testimoniare che anche i torinesi si comportano in un modo simile ed accettano con generosità di essere fotografati.

 

In questi anni mentre fotografavo Torino ho pensato spesso a ciò che ha scritto Robert Doisneau nel 1979 sul lavoro del fotografo di strada e che ritengo tuttora valido:

“Ora il colmo della dabbenaggine consiste nel parlare di pazienza. E tuttavia non c’è altro metodo se si vuole imparare ad addomesticare il caso fortunato la cui complicità è indispensabile. Avere pazienza non significa pagare un prezzo troppo salato per la felicità di essere, per un istante, il testimone stupefatto di una armonia imprevista.

Credetemi, è un lusso rarissimo potere arrivare a mettere sotto il naso dei nostri contemporanei, accecati dalle immagini in movimento, uno di quei piccoli tesori che stava per scomparire nel bidone della spazzatura del tempo.

[...] Mi sforzo di variare i miei itinerari per scoprire degli attori e degli ambienti nuovi e per non ritornare ad immergermi meccanicamente in un fascino conosciuto.

In qualsiasi posto c’è sempre qualcosa in preparazione. Basta aspettare; bisogna aspettare a lungo perché il sipario si degni di alzarsi. E così aspetto e, ogni volta, mi trotterella ironicamente in testa l’identica formula pomposa: Parigi è un teatro dove si paga il posto per il tempo perso. E aspetto ancora.”

Ingresso libero.

orario di apertura: 9,30-12,30 ; 14,30-17,00 dal lunedì al venerdì. Sabato e festivi chiuso

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