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CONTEMPLARE L'ASSENZA
Autore: Stefano Forti
- Pubblicato il 19/01/20
La fotografia è, in prima istanza, una esperienza visiva, sensoriale, che successivamente matura nella "ricerca di un punto di equilibrio fra l'interiorità ed il mondo esterno".
L'influenza esercitata sul mio immaginario fotografico dallo sguardo di maestri quali Shore, Basilico, alcuni autori tedeschi, Robert Adams, ecc., è probabilmente, assieme alla ricerca del suddetto punto di equilibrio, all’origine di questo progetto.
I paesaggi urbani che si possono osservare nella cintura dei centri storici - parliamo di quelle parti di territorio che sono state urbanizzate, in Italia, dagli anni '50 in poi - sono in qualche misura simili in tutto il mondo industrializzato: i diversi punti di vista dei fotografi che li attraversano e li indagano, le loro specifiche e personali interpretazioni, ci rendono maggiormente consapevoli di questi risvolti di modernità.
Se ne può trarre, fra le altre, una prima lezione: gli elementi del paesaggio, considerati nel loro assieme, possono divenire, attraverso la visione del fotografo, pura astrazione metafisica, li si può de-strutturare, trasfigurare e infine trasformare in altro da quello che sono nella realtà.
Si può così forse spiegare il mio interesse nei confronti dei non-luoghi, degli spazi antropizzati privi di una loro precisa connotazione identitaria, dove le persone abitualmente transitano senza prestare troppa attenzione all'alternarsi di geometrie, prospettive, volumi. Talvolta questi spazi portano in dote una loro prerogativa scenografica, che mi prefiggo di individuare attraverso i miei scatti. La figura umana è assente: lo sguardo dell'osservatore deve essere esclusivamente guidato alla comprensione della fisionomia degli oggetti e degli spazi.
Il territorio merita una ispezione lenta, richiede attenzione. Parte integrante del percorso creativo è costituito dalla modalità di scatto: fotografo con una 6x6 mono-ottica a pellicola, montata su cavalletto, alla ricerca di un punto di vista che mi permetta di risolvere la questione prospettico-geometrica che il sito selezionato mi pone. La disponibilità di un numero limitato di fotogrammi (12 negativi per rullo) si traduce in riflessione ed autodisciplina.
Nel formato quadrato - che non consente di scegliere fra verticalità ed orizzontalità - cerco di realizzare un equilibrio di forme che forse riflette un bisogno di fare ordine nei pensieri, anche attraverso la pulizia dello sguardo. Con ogni probabilità si tratta di una necessità interiore di raziocinio, della volontà di mettere sotto controllo tutto ciò che rientra nel campo inquadrato, nel tentativo di eliminare, limitatamente al contenuto dei bordi del fotogramma, il caso.
In definitiva non si tratta di altro che del "desiderio di dominare lo spazio con lo sguardo, di vederlo come un insieme ma anche in ogni suo dettaglio".
STEFANO FORTI - 328/2626960 - stefanoforti66@gmail.com - ste_am2003@virgilio.it
L'influenza esercitata sul mio immaginario fotografico dallo sguardo di maestri quali Shore, Basilico, alcuni autori tedeschi, Robert Adams, ecc., è probabilmente, assieme alla ricerca del suddetto punto di equilibrio, all’origine di questo progetto.
I paesaggi urbani che si possono osservare nella cintura dei centri storici - parliamo di quelle parti di territorio che sono state urbanizzate, in Italia, dagli anni '50 in poi - sono in qualche misura simili in tutto il mondo industrializzato: i diversi punti di vista dei fotografi che li attraversano e li indagano, le loro specifiche e personali interpretazioni, ci rendono maggiormente consapevoli di questi risvolti di modernità.
Se ne può trarre, fra le altre, una prima lezione: gli elementi del paesaggio, considerati nel loro assieme, possono divenire, attraverso la visione del fotografo, pura astrazione metafisica, li si può de-strutturare, trasfigurare e infine trasformare in altro da quello che sono nella realtà.
Si può così forse spiegare il mio interesse nei confronti dei non-luoghi, degli spazi antropizzati privi di una loro precisa connotazione identitaria, dove le persone abitualmente transitano senza prestare troppa attenzione all'alternarsi di geometrie, prospettive, volumi. Talvolta questi spazi portano in dote una loro prerogativa scenografica, che mi prefiggo di individuare attraverso i miei scatti. La figura umana è assente: lo sguardo dell'osservatore deve essere esclusivamente guidato alla comprensione della fisionomia degli oggetti e degli spazi.
Il territorio merita una ispezione lenta, richiede attenzione. Parte integrante del percorso creativo è costituito dalla modalità di scatto: fotografo con una 6x6 mono-ottica a pellicola, montata su cavalletto, alla ricerca di un punto di vista che mi permetta di risolvere la questione prospettico-geometrica che il sito selezionato mi pone. La disponibilità di un numero limitato di fotogrammi (12 negativi per rullo) si traduce in riflessione ed autodisciplina.
Nel formato quadrato - che non consente di scegliere fra verticalità ed orizzontalità - cerco di realizzare un equilibrio di forme che forse riflette un bisogno di fare ordine nei pensieri, anche attraverso la pulizia dello sguardo. Con ogni probabilità si tratta di una necessità interiore di raziocinio, della volontà di mettere sotto controllo tutto ciò che rientra nel campo inquadrato, nel tentativo di eliminare, limitatamente al contenuto dei bordi del fotogramma, il caso.
In definitiva non si tratta di altro che del "desiderio di dominare lo spazio con lo sguardo, di vederlo come un insieme ma anche in ogni suo dettaglio".
STEFANO FORTI - 328/2626960 - stefanoforti66@gmail.com - ste_am2003@virgilio.it