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Aiutami con 15€ a finanziare la stampa di una fanzine con il mio reportage sull'autolesionismo nella sottocultura 'tcharmil' in Marocco.
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igg.me/at/scarfes
Il lavoro è interamente svolto nella città di Fes, nella vecchia medina, dal 2014 al 2017. Ho vissuto assieme ad un gruppo di ragazzi, ospite in una famiglia, la loro la quotidianità fatta di piccole mance dai turisti smarriti nei vicoli della medina o dal guadagno nella vendita di hashish. Nonostante il loro rispetto per il Ramadan, questi ragazzi soffrono enormemente della chiusura della frontiera con la Spagna, il loro unico desiderio è quello di fuggire. L’Islam non regge il confronto con l’Europa, la ricchezza e le belle donne; e le cicatrici sulla loro pelle lo spiegano forte e chiaro.
L’autolesionismo nella nostra società, molto più diffuso tra gli adolescenti di quanto si pensi, è vissuto come una vergogna da nascondere. Nella cultura tcharmil, invece, è un simbolo da ostentare con orgoglio, un urlo che scatena l’orrore sociale. In Marocco questa forma di autolesionismo è più vecchia di questa sottocultura contemporanea ma le gang giovanili lo hanno adottato come simbolo, come emblema della loro ribellione e voglia di fuggire. In fin dei conti la pelle è il nostro limite e aprirne uno squarcio, in questo caso, assume anche il significato di alleviare una sofferenza interiore molto più grande del dolore fisico. Un atto estremo di autolesionismo molto più simile a quello che commettono i detenuti che non gli adolescenti occidentali. Non a caso il carcere rappresenta una delle peggiori condizioni di privazione della libertà, probabilmente come i giovani tcharmil vivono la loro realtà in Marocco all’interno dei canoni islamici.
Grazie a chi vorra contribuire, avete tempo fino al 29 luglio!